sabato 9 giugno 2012

Gentile Sig. Terremoto...

"Gentile Sig. Terremoto,
c’è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto.
Per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’Italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Modena, dorme a Bologna, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha deciso di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello.
E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo.
In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei tortellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. Se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A Volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta.

Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto un infermiere di Mirandola qualche giorno fa… questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai."

Carlo Lucarelli

4 commenti:

Granduca di Moletania ha detto...

Caro conterraneo Lucarelli,
tutte parole giuste, tutto sacrosanto (a parte " le montagne fra le più alte d’Italia" che sinceramente non so proprio dove l'hai pescata; ma quanto avevi in geografia?).
Di cose e di persone da affossare ce ne sono parecchie anche qua, ma non credo proprio che quello che siamo stati, quello che siamo e quello che saremo, sarà modificato da un semplice terremoto. Ci vuol ben altro per schiantare un popolo (emiliano, romagnolo, friuliano, pugliese, veneto o altro che sia).
Caro Terremoto,
a meno che tu non sia il famigerato "Big one" (e allora ci ritroveremo tutti quanti a galleggiare nell'Adriatico), penso sia tutto tempo perso . Tanto vale che tu ti arrenda, così smettiamo subito di ballare la nuova stupida hit per l'estate di Gianni Drudi.
Ecco, caro terremto, prendi lui in segno di sacrificio per te. Te lo immoleremo sul monte più alto che troveremo in Emilia Romagna; Lucarelli, qual'è?


Un abbraccio.

Vonetzel ha detto...

@Granduca:in effetti anch'io sono rimasto un pò perplesso nel leggere "le montagne più alte d'Italia"...quali? Il monte Cimone?
Perfettamente d'accordo sul fatto che un popolo si rialza sempre dopo qualunque sciagura...in più la tipica laboriosità emiliano-romagnola faciliterà il tutto.
Quanto a Gianni Drudi,mi pare uno scambio perfetto.
Possiamo tranquillamente sopravvivere senza "L'oroscopata", "L'uccello", "Fiki fiki" e altri simili capolavori...

Vele Ivy ha detto...

Bisogna avere questo atteggiamento, se no si rischia che il dolore annienti tutto e che amplifichi le conseguenze del terremoto. Ma sono sicura che non sarà così, come dice Granduca " Ci vuol ben altro per schiantare un popolo".

Vele Ivy ha detto...

Ciao! Passo di qui per dirti che il tuo nome e il tuo blog sono stati citati nell'ebook "Niamh delle fate, una musa preraffaellita"... prova a dare un'occhiata qui: http://colorarelavita.blogspot.it/2012/06/ebook-gratis-niamh-delle-fate.html
;-)